Proposta Radicale 23 2024
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Rinnovato appello

Rinnovato appello

di Loris Fortuna

La battaglia per il referendum si rivela ormai per quella che inevitabilmente doveva essere: il grande scontro di due “culture” diverse, scontro che, partito occasionalmente dal tema del divorzio, è destinato a coinvolgere tutti i fattori esistenti nei vari campi della vita socialista. Ma quasi tutti gli schieramenti politici e gli uomini di cultura si sono trovati, nel momento decisivo, notevolmente impreparati. Solo la LID ed il PR, sin da gennaio, hanno condotto un’ampia campagna di mobilitazione di massa, il cui successo è spesso entusiasmante malgrado la congiura del silenzio che minaccia in questi giorni di divenire senza eccezioni, con cui si cerca irresponsabilmente di soffocarlo. Il risultato di questo atteggiamento di ostilità e di paura contro la nuova sinistra laica e libertaria, protagonista indiscussa negli anni Sessanta delle lotte per i diritti civili ed in primo luogo di quella per il divorzio, è sotto gli occhi di tutti: i tradizionali attori della politica italiana, PCI e DC, sembrano occupare anche per questo scontro e per queste scelte nuove, tutta la scena. Chi può contestare che, riavutisi dalla sorpresa, i dominatori reali dello scontro sul referendum stiano apparendo da un lato Fanfani, dall’altro Berlinguer?

Ci chiediamo: a chi giova? Ora ha finalmente iniziato a muoversi anche il terzo partito di massa: il PSI e quindi le cose cominciano a cambiare. Eppure, la battaglia ha tutte le caratteristiche per essere condotta, diretta ed esaltata anche da tutti gli altri partiti laici, dai repubblicani ai socialdemocratici ai liberali. È tipica di queste forze e dei socialisti la lotta per la cultura laica in contestazione dell’egemonia cattolica, è la ragion d’essere di questi partiti il tenere la bandiera dell’autonomia dello Stato – nell’incontro-scontro tradizionale con l’apparato della Chiesa – fuori dai contingenti compromessi di potere.

La stessa legge sul divorzio (pretesto ufficiale per l’attuale prova di forza) era stata presentata da un socialista e poi sostenuta e fatta propria nella comprensibile incertezza iniziale dei comunisti, da liberali, repubblicani e socialdemocratici. Già, però, nel corso della battaglia per l’approvazione della legge i partiti laici tradizionali hanno rivelato una certa debolezza ideologica, organizzativa e propagandistica.

Nel silenzio dei comunisti, nell’irritata incomprensione dello scomparso PSIUP che aveva preferito l’ostruzionismo al “decretone” (di cui oggi nessuno ricorda niente) all’approvazione del divorzio, i partiti laici minori non avevano trovato di meglio che “isolare” o almeno ignorare i Fortuna, i Baslini, gli Scalfari, i Pannella, i Mellini, preoccupati di non turbare taluni dialoghi con la Chiesa sul Concordato e con la DC sul potere. La novità assoluta allora fu costituita dall’irrompere di leghe e di movimenti laici che assunsero in proprio il carico dell’agitazione e della propaganda nel paese: la LID con il contributo insostituibile della pattuglia dei radicali, divenne un punto fermo e unitario nella battaglia per il divorzio.

E val la pena di notare che la LID non ebbe mai un atteggiamento fazioso o anti-partiti. La sua azione fu necessariamente di “rottura”, fu polemica fantasiosa ed aggressiva nei confronti dei clericali e dei conservatori, fece emergere e dilagare una posizione “laica” nell’opinione pubblica addormentata dai narcotici propinati a larghe dosi dalla Democrazia Cristiana, ma fu sempre diretta a “premere” sui partiti laici, a sostenerne l’iniziativa, quando c’era, non a contestarli.

Perché allora i partiti laici hanno sempre esitato ad avere organici rapporti con la LID? Forse per qualche errore, qualche inevitabile intemperanza commessi nel fuoco degli scontri dagli uomini della lega o, per altri versi, da un pugno di radicali e da socialisti impegnati nelle lotte laiche?

Può essere: ma non convince questa spiegazione dato che il senso di fastidio, di sufficienza, di vera e propria allergia si è travasato dalla LID ad altri movimenti laici creati via via nel tempo – confessiamolo – proprio per cercare di aggirare la presunta incompatibilità di carattere tra partiti e Lega per il Divorzio.

Vedasi ad esempio la fine per consunzione del movimento laico, vedasi ora il quasi isolamento dell’ultimo Comitato Nazionale per la Difesa del Divorzio. L’onorevole Manca ha addirittura mandato una circolare agli iscritti del PSI per vietare loro la collaborazione al Comitato. Ed il risultato l’abbiamo sotto gli occhi, oggi.

Si è voluto spegnere le voci spontanee della cultura laica, si è voluto asfissiare le organizzazioni autonome e democratiche: si fa un gran parlare di società pluralistica, ma in effetti non si dà spazio a ciò che non può essere diretto e strumentalizzato da apparati più o meno burocratizzati.

E così, nel cuore di una battaglia di immensa portata (ripeto: il divorzio è solo un’occasione), assistiamo al tentativo di cattura di tutto lo spazio, assistiamo alla sistematica svalutazione di quello che, sprezzantemente, viene chiamato il “calderone” della LID o del Comitato Nazionale per la Difesa del Divorzio.

Inevitabilmente le parole d’ordine e l’attività delle leghe hanno egualmente una robusta presa in tutto il paese: basterà osservare il “pieno” nei comizi e nelle manifestazioni di massa, ultima delle quali l’affollatissima riunione al Palasport. Mi dispiace che ciò avvenga fra l’indifferenza o l’avversione delle dirigenze dei vari partiti laici.

Sta di fatto che – in queste condizioni – lo scontro nel paese rischia di essere monopolizzato nel complesso, da PCI e da DC. Riconosciamo questa realtà; ed ora domandiamoci: tutto ciò è utile al fine di ottenere una vittoria divorzista al 12 maggio? È utile alla stessa sopravvivenza dei partiti laici? Devo dire con franchezza che la radicalizzazione della contrapposizione DC-PCI può far correre grossi pericoli a tutti.

Non a caso Fanfani continua a riferirsi al 18 aprile del 1948: con rozza astuzia egli cerca di creare uno schieramento di destra caratterizzato dall’anticomunismo al fine di far prevalere il solito irrazionale riflesso di paura per conseguire così una vittoria di portata incalcolabile. E le stesse sinistre democristiane appaiono frastornate e subalterne. Per la verità, con acutezza, gli stessi comunisti sembrano avvertire il pericolo e lo segnalano apertamente. Pajetta ha affermato: “Stimoleremo l’azione di tutte le forze che possono mobilitarsi e ricorderemo sempre che non si tratta di una battaglia del nostro partito soltanto”.

Ed ancora: “Dobbiamo consigliare, incoraggiare, aiutare le iniziative autonome, le più varie e ancora una volta lo faremo con lo spirito che ci distingue di riconoscere utile reale un pluralismo che è fatto di partecipazione e di movimenti unitari che non offendono la varietà e le differenze”.

Molto bene: ed allora non sarebbe opportuno liquidare le polemiche e gli ostracismi contro le organizzazioni laiche che hanno sempre combattuto la battaglia divorzista, e favorire così quella articolazione nella lotta che permetta di uscire dalla perdente contrapposizione frontale DC-PCI?

Già in questi momenti duri, repubblicani come Mammì, socialdemocratici come Orsello, liberali come Baslini ed altri avvertono l’utilità dei collegamenti e anche vari dirigenti socialisti pensano che non sia troppo producente far dimenticare che la legge che si discute sia stata patrocinata da un socialista, per quanto isolato sia, oggi più di ieri, se non dall’opinione pubblica quanto meno dai vertici politici. È necessario, per tutti i membri delle leghe laiche, lasciar perdere ogni polemica e creare continue occasioni di incontro e di collaborazione con tutti: direi soprattutto con uomini come Giancarlo Paletta e colla determinante forza che egli rappresenta. Se perdiamo la battaglia sul divorzio, perdiamo troppo e tutti. Che senso ha la scomunica contro le forze che con i radicali lanciano la proposta politica del ventaglio dei referendum abrogativi?

Non discuto la preoccupazione comunista o socialista sulla possibile complicazione che tale proposta può creare nel pieno dell’attuale battaglia. Si può essere o no d’accordo con questa preoccupazione. Quello che è certo è che si tratta di una azione tesa a contrastare e non a favorire i disegni eversivi dell’ultimo Fanfani, che potenzia con nuove convergenze la lotta in difesa del divorzio.

Possibile che, indipendentemente dalle valutazioni sulla opportunità tattica delle diverse iniziative politiche, non si possa esaltare ciò che unisce in un momento difficile per tutti? Ebbene, vogliamo tentare una temporanea ma efficace stretta di mano almeno fino al 12 maggio. Come dirigenti delle varie leghe laiche, di nuova sinistra, siamo totalmente disponibili.

Vogliamo provare? Non c’è tempo da perdere.

(11 aprile 1974)

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